Lavoro e dignità

Come tutti sappiamo, il lavoro in nero è un fenomeno profondamente radicato nelle dinamiche del mercato del lavoro. Il perché è presto detto: un lavoratore in nero costa molto meno rispetto a un lavoratore con un contratto regolare (niente contributi da pagare, niente spese legali, contabilità più semplice da tenere, niente tutele previdenziali né sindacali). Bisogna però distinguere due motivazioni che spingono ad assumere in nero: da una parte la sopravvivenza e dall’altra quella "di comodo", per abbattere i costi e avere profitti più alti. 


Il primo è tipico delle piccole imprese, spina dorsale dell'economia italiana: il piccolo imprenditore deve sostenere mensilmente altissime spese relative a merci, affitto dei locali, manutenzione, utenze varie e, se la ditta ne è dotata, anche tutte le spese relative agli automezzi o semplicemente il pagamento dei vettori. Queste sono tutte spese che non può non sostenere e che gravano pesantemente sul bilancio mensile. L'assunzione di dipendenti regolari andrebbe ad auementare ancora di più i costi. Quindi l'assunzione di personale a nero diventa quasi un bisogno per riuscire a garantire la sopravvivenza dell'impresa, vista la concorrenza del mercato dove le altre ditte riescono ad essere più competitive anche grazie al lavoro a nero. Essendoci pochi controlli da parte degli organi predisposti, il gioco vale la candela. L'alternativa nella maggior parte dei casi comporta la chiusura dell'attività.



L’altra situazione in cui si ricorre al lavoro in nero riguarda per lo più le imprese della grande distribuzione o imprenditori, anche piccoli, senza troppi scrupoli. Per ottenere utili più consistenti abbattendo i costi, si ricorre al lavoro in nero anche quando l'impresa non avrebbe problemi ad assumere con contratti regolari. Per quanto questo comportamento possa apparire scorretto, è pratica diffusa vista la mancanza di controlli. Per i diversi motivi già evidenziati, dove si trova lavoro nero molto spesso troviamo anche comportamenti elusivi o di completa evasione fiscale. E siamo del tutto impotenti di fronte a questo. Anche se a titolo personale rifiutassimo un tipo di lavoro pagato a nero (o addirittura non pagato con la formula di stage con la scusa di acquistare così esperienza lavorativa), persone ancor più bisognose di noi accetterebbbero la proposta senza discutere troppo (vedi per esempio immigrati o giovani che si affacciano per la prima volta al mondo del lavoro). 


Per poter estirpare il fenomeno non basterebbe aumentare i controlli, ma fare in modo che nessuno sia più costretto ad offrire o accettare stipendi a nero. Rendere più flessibili quindi le tipologie di contratto abbassandone gli oneri e dando a tutti delle opportunità di base che siano realmente garantite (in altre parole avere un Walfare State efficiente). Per quanto possa essere difficile, nel nostro piccolo dovremmo sempre cercare di ottenere un contratto regolare anche a costo di rinunciare a un lavoro. In un periodo come questo mi rendo conto che è pressoché impossibile. Ma lavorare in condizioni non regolari infrange la nostra dignità di lavoratori. Purtroppo però in tempo di crisi anche la dignità, come la democrazia, è stata pignorata dalle banche.

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