Senza contanti...



Trovo questo servizio di Report molto interessante. La proposta è sconvolgente è vero, ma se fosse possibile applicarla potremmo risolvere uno dei tanti problemi che più caratterizzano il nostro paese. Sinceramente, l'iniziativa di scoraggiare l'uso del denaro contante trova il mio appoggio e non solo per il superamento della piaga del lavoro in nero: si risolverebbero anche i problemi di corruzione con la rintracciabilità di ogni singolo versamento, ci sarebbe una quasi impossibilità di evasione, si potrebbe scongiurare il pericolo di rapine a sportelli bancari o postali e addirittura alle persone (non ci sarebbe granché da rubare), i pagamenti risulterebbero più  pratici, sarebbe pressoché inutile la falsificazione di banconote e chissà quali altri vantaggi.

Credo anche, però, che ora come ora sia una pratica inapplicabile per l'Italia di oggi. Il perché è presto detto.

Pensieri a caldo e saluto di commiato

La morte di Piermario Morosini, giocatore del Livorno, ha scosso il mondo del calcio. Un giovane di 25 anni morto in campo mentre giocava per un infarto. Come si fa ad accettare una cosa simile? Semplicemente non si può. Non voglio addentrarmi nei discorsi che stanno animando le cronache calcistiche (controlli medici inadeguati, defibrillatori in campo, auto parcheggiate che ritardano l'ambulanza ecc.) e non voglio neanche omaggiare il giovane tessendone le lodi in questo mio articolo (altri lo hanno già fatto meglio di quanto potrei mai fare io).

Quello che voglio è esprimere un mio pensiero a caldo dopo aver letto le dichiarazioni di Antonio Di Natale, compagno di squadra di Morosini all'Udinese: "Giocare ogni 3 giorni è molto difficile, il calcio italiano va troppo veloce." Prima di tutto, nutro un grande rispetto per Di Natale sia come bravissimo giocatore che come persona (date un occhio qui), ma devo dire che questa poteva risparmiarsela. Voglio dire: ci sono padri di famiglia che ogni giorno si spaccano la schiena con lavori usuranti, a volte in condizioni costanti di pericolo, per un misero stipendio col quale mantenere la propria famiglia. Non metto in dubbio che inseguire un pallone su un rettangolo verde sia stancante e faticoso, ma visto che vengono pagati profumatamente per fare quello che più amano mi chiedo con quale coraggio si possano lamentare. Di Natale non è il primo a tirare fuori questa questione.


Questo vuole essere un post lampo volutamente polemico. Spero che voi lettori non ve la prendiate troppo. Ma certe considerazioni non riesco a tenerle solo per me.


Detto questo, prima di concludere vorrei uscire dal clima polemico che io stesso ho creato e dedicare un ultimo pensiero al numero 25 amaranto. Credo che un ragazzo come lui se lo meriti (andatevi a cercare la sua biografia se non avete niente da fare). 


Ciao Piermario. Spero che gli angeli sappiano giocare a calcio...

Chi vuol esser finanziato?

Con le indagini emerse dalle procure sui bilanci di Margherita e Lega e le accuse ai loro rispettivi tesorieri (Lusi e Belsito) siamo tornati a parlare dei finanziamenti pubblici ai partiti: secondo Idv e parte del Pd (tra cui compare anche il mio amico Renzi) andrebbe abolito per intero rispettando così il verdetto del referendum abrogativo del '93 poi ovviamente aggirato dal parlamento del tempo; secondo i vertici di Pdl, Pd e Terzo Polo basta rivedere la normativa vigente regolamentando controlli dei bilanci e trasparenza delle spese. In questo senso è già stato preparato un disegno di legge che nelle prossime settimane verrà discusso nelle camere e, se non ci saranno intoppi, anche approvato in breve tempo. 


Ora la domanda che molti sollevano: è giusto che siano lo Stato a finanziare i partiti? Gli italiani nel '93 hanno già risposta: un NO che conta il 90,3 % degli allora aventi diritto al voto. Personalmente, però, non sono d'accordo con questa linea di pensiero.

Lavoro e dignità

Come tutti sappiamo, il lavoro in nero è un fenomeno profondamente radicato nelle dinamiche del mercato del lavoro. Il perché è presto detto: un lavoratore in nero costa molto meno rispetto a un lavoratore con un contratto regolare (niente contributi da pagare, niente spese legali, contabilità più semplice da tenere, niente tutele previdenziali né sindacali). Bisogna però distinguere due motivazioni che spingono ad assumere in nero: da una parte la sopravvivenza e dall’altra quella "di comodo", per abbattere i costi e avere profitti più alti. 


Il primo è tipico delle piccole imprese, spina dorsale dell'economia italiana: il piccolo imprenditore deve sostenere mensilmente altissime spese relative a merci, affitto dei locali, manutenzione, utenze varie e, se la ditta ne è dotata, anche tutte le spese relative agli automezzi o semplicemente il pagamento dei vettori. Queste sono tutte spese che non può non sostenere e che gravano pesantemente sul bilancio mensile. L'assunzione di dipendenti regolari andrebbe ad auementare ancora di più i costi. Quindi l'assunzione di personale a nero diventa quasi un bisogno per riuscire a garantire la sopravvivenza dell'impresa, vista la concorrenza del mercato dove le altre ditte riescono ad essere più competitive anche grazie al lavoro a nero. Essendoci pochi controlli da parte degli organi predisposti, il gioco vale la candela. L'alternativa nella maggior parte dei casi comporta la chiusura dell'attività.